Non ha deluso le aspettative questa XXV edizione del Premio Città di Cava. Anche quest’anno l’invito lanciato dall’Associazione l’Iride è stato raccolto da numerosi autori molto diversi per età, provenienza e formazione culturale che hanno ulteriormente arricchito di temi nuovi ed eterogenei la nostra dimensione letteraria.
Filo rosso di tutte le sezioni è stato il tema dell’integrazione etnica, razziale e culturale, spunto di riflessione per molti autori. Sintomo di un malessere strutturale della nostra società che oggi più che mai coinvolge e spaventa, anche alla luce dei rigurgiti di intolleranza che hanno purtroppo affollato la più recente cronaca giornalistica.
Alcuni autori hanno posto al centro delle loro opere il disagio connesso all’emigrazione, le ferite dei popoli perseguitati dal nazifascismo, la rabbia muta delle tante donne vittime ieri come oggi di episodi di sopraffazione sessuale o ancora la violenza fisica e culturale nei confronti di etnie e di religioni diverse. Altri, invece, hanno cercato di accendere una speranza scrivendo di solidarietà verso i deboli e i diversi. Di tolleranza. Di convivenza civile tra le razze e di rispetto tra le confessioni religiose.
Gli esiti del concorso confermano quanto dal nostro osservatorio di Associazione culturale stiamo registrando da alcuni anni e, cioè, il profondo disagio che sta vivendo la nostra società per gli atteggiamenti e le ideologie razziste fondate sulla disinformazione, sul pregiudizio e sul rifiuto della diversità. Il clima di generale disorientamento alimenta le chiusure egoistiche e particolaristiche: sono quindi necessarie azioni mirate e in primo luogo una reale educazione interculturale capace di costruire e rafforzare, soprattutto nelle nuove generazioni, comportamenti democratici, garanti di un futuro libero e civile.
Siamo infatti convinti che molti dei problemi discendono dall’ignoranza per cui siamo orgogliosi di ospitare opere che trattano di temi così forti. In modo particolare apprezziamo quelle dirette ai bambini perché una delle principali azioni risiede proprio nelle attività educative e didattiche. Anche con un libro si può contribuire a rendere migliore la nostra società.
La valutazione delle numerose opere in gara è stata svolta dalla giuria composta dal dirigente scolastico Maria Olmina D’Arienzo, dai docenti Annamaria Apicella e Fabio Dainotti, dalla giornalista Concita De Luca e da Francesco G. Forte, responsabile della Casa Editrice Oèdipus.
La giuria ha dapprima esaminato le opere singolarmente. Successivamente, nel corso delle sedute collegiali ha comparato e valutato le opere che avevano conseguito i punteggi più alti, designando poi i vincitori. Le motivazioni sono riportate nelle pagine successive, accanto alle opere premiate.
Su questa rivista, oltre all’elenco degli autori premiati, riportiamo gli abstract delle opere di narrativa prime classificate, curati direttamente dagli autori e, per intero, le poesie graduate ai primi tre posti.
Nel corso della cerimonia della premiazione la lettura delle opere prime classificate è eseguita –come di consueto- dall’attore Giuseppe Basta.
Gli interventi musicali sono affidati alla soprano Maddalena Pappalardo ed alla pianista Maria Rosaria Apicella del Conservatorio Martucci di Salerno.
La Manifestazione si avvale del contributo del Comune di Cava de’ Tirreni che offre il premio di 1000 Euro all’Autore vincitore per la Narrativa Edita, e di quello dell’ Assessorato alla Cultura della Provincia di Salerno che offre 600 Euro agli Autori primi classificati nelle altre Sezioni concorsuali.
L’Azienda di Soggiorno e Turismo di Cava de’ Tirreni offre l’ospitalità agli Autori secondi classificati che risiedono in regioni diverse dalla Campania. Dopo il grande successo riscosso l’anno scorso, anche quest’anno è stata organizzata una “visita guidata” nel nostro bellissimo centro antico curata dalla stessa Azienda di Soggiorno di Cava de’ Tirreni.
Ai predetti Enti che rendono possibile il Premio Città di Cava, va il sentito ringraziamento dell’Associazione L’IRIDE.
Ringraziamo anche il Comune di Tramonti e l’Azienda di Soggiorno e Turismo di Maiori, anch’essi partners dell’iniziativa.
La Presidente
Maria Gabriella Alfano
Narrativa Edita
PRIMO PREMIO
IL CAMMINO DI HADAS
Viaggio nella memoria sulle tracce di un libro segreto
Luigi Combariati – Catanzaro
“ I tranquilli scenari di una quotidianità perduta”, (le adunanze, le ricorrenze, il regalo per il piccolo Giulio, la sorpresa che renderà felice la moglie), al paragone della Storia con le sue ingiustizie e le sue atrocità; ma anche il cammino e la ricerca, attraverso cui “un pigro commerciante di quartiere, convinto della prevalenza su tutto di un’esistenza tranquilla anche se incolore”, rivela alla fine un’insospettabile energia, trasformandosi in “combattente implacabile”, dopo la barbarie di cui è stato testimone, in quella sorta di discesa agli inferi che è stata per lui la visita agli ebrei richiusi colpevolmente da due giorni nei carri bestiame; questo e altro ancora ha saputo magistralmente raccontare Luigi Combariati, facendo scorrere sull’asse temporale i piani sfalsati della cronaca e dell’invenzione, ricostruiti e rivissuti in una molteplicità di punti di vista.
[Fabio Dainotti]
Il cammino di Hadas
Luigi Combariati, Robin Edizioni 2007
pp.465, euro 18.00
SECONDO PREMIO
LA SECONDA CASA A DESTRA
Alessandro Annulli – Roma
Innanzitutto, la città. Una porzione di città, un mix di scarto e residenzialità, popolata d’ogni ceto: homeless (nel Prato), avvocatoni (nella Villa), i fratelli Bertani come esemplari di piccola borghesia. Poi, il villaggio, lontano dalla città, lontano dalla gioia, lontano dal mare (“Ci voleva un’ora di corriera ed un’ora di treno, per arrivarci”). La giovane Adele che fugge con la madre. La corsa in treno, attraverso adiacenze militari e periferie, aeroporti in avvicinamento e palazzi “tozzi e sgraziati” è descritto in pagine tra le più nuove e sentite di un thriller psicologico che s’attacca al reale, grazie a protagonisti senza qualità, per i quali buttiamo lì due nomi impareggiabili, non a caso e non per caso al femminile, Patricia Highsmith e Ruth Rendell: per la prima, vogliamo dire che, dopo qualche pagina, si entra nei capitoli de La seconda casa a destra con la stessa sensazione che Graham Greene diceva di provare ad ogni incipit dell’autrice di Mr. Ripley, che era la sensazione di “pericolo personale”. Per la grande giallista inglese, l’affinità resta in quel fare di una comunità spazialmente chiusa un universo dalle mille sfaccettature, dove l’ambiguità virtuale-reale non si risolve mai in manichea opposizione. Annulli ci lancia una sfida intellettuale a cercare indizi dipanando fili sospesi e misteriosi sul sentiero della pura logica. Niente a che vedere con il thriller di consumo.
[Francesco G. Forte]
La seconda casa a destra
Alessandro Annulli, Il Filo 2007
pp. 399, euro 18.00
TERZO PREMIO
La donna che leggeva le tragedie greche
Giorgio Zanchettin – S. Donà di Piave (Venezia)
Lo sfondo storico, l’intreccio, il mistero, l’eros: sono gli ingredienti per una trama di sicura presa sul lettore. Sin dal titolo, il romanzo risulta intrigante e, in effetti, la lettura avvince e coinvolge fino all’ultima pagina, anche grazie ad uno stile fluido e ad un ritmo narrativo senza soluzione di continuità. Sagaci gli accorgimenti tecnici, come la costruzione ad anello, che mette in connessione l’incipit con la parte finale, addirittura con la ripresa delle stesse espressioni e la ripetizione integrale di passi e frasi, che denotano una perizia narrativa scaltrita e mirata. Un libro da leggere, per lasciarsi sedurre e attrarre nel cerchio magico dell’arte. [Maria Olmina D’Arienzo]
La donna che leggeva le tragedie greche
Giorgio Zanchettin, Il Filo 2007
pp. 364, euro 19.50
PREMIATI CON TARGA
Katia Brentani, Vito Carrassi, Mariadonata Ciceri, Giovanni Coglitore, Renzo Cremona, Lella De Marchi, Maricla Di Dio, Nicky Di Paolo, Raffaello Fontanella, Serena Frediani, Anna Frosali, Giulio Latini e Roberto Romano, Giancarlo Menichetti, Raffaele Miglionico, Gianni Nuti, Carolina Peciola, Patrizia Rigoni, Flavia Rubino, Giuseppe Ruggeri, Sergio Saggese, Alfredo Salucci, Gualtiero Serafini, Paolo Starni, Renzo Stio, Roberta Villani, Jole Virone, Ada Zapperi Zucker.
PREMIATI CON MEDAGLIA
Andrea Amato, Marcello Amico, Marco Arrighi, Enrico Ascari, Alessandro Asciolla, Stefania Belli, Antonio Bonelli, Giuseppe Bono, Vito Cairo, Vincenzo Calce, Gaetano Calicchio, Giuseppe Calocero, Francesco Cappelleri, Umberto Casani, Chiara Ceccarelli, Paolo Cei, Alma Chiment, Ruggiero Cornetta, Ciro Rosario Cosenza, Giordano Criscuolo, Salvatore Cristiano, Hannah Lucia da Silva Franca, Sipontina Maria De Bellis, Giuseppina De Marco, Giacomo Di Blasi, Roberta Di Pascasio, Alberto Diso, Emilio Fabri, Simone Falorni, Paola Fantin, Matteo Frasca, Roberto Lucio Fugazzotto, Marilù Giliberti, Aldrigo Grassi, Luisa Gregorj, Giuseppina Lamberti, David Lognoli, Anna Ludovici, Silvio Madonna, Paolo Marati, Eliana Marconcini, Annalisa Maria Alessia Margiotta, Marcello Murru, Lisa Nuti, Renzo Piccoli, Maria Gabriella Pirrello, Genoveffa Pomina, Patrizia Ragone, Daniela Rizzo, Marialaura Rossiello, Vincenzo Russo, Alessandra Santini, Sergio Sormani, Silvano Spaziani, Sergio Tavanti, Giorgio Torelli, Maria Grazia Vacchina, Luciana Vasile, Angelo Vetturini, Elisabetta Vittone.
Narrativa Inedita
PRIMO PREMIO
Vladimir Packaratt – l’illusionista
di Marco Diana – Cagliari
Se è vero che con le parole è possibile dipingere, in “Vladimir Packaratt l’illusionista” questo assioma trova la sua dimostrazione. E’ questo il perché che ha spinto la giuria a far salire sul podio l’autore. Personaggi e atmosfere sono dipinte con chiare pennellate, proprio come hanno saputo fare i realisti. Non una copia della realtà. Attenzione. Ma una riproduzione della stessa in cui la personalità di chi la sta scrivendo viene fuori senza prevaricazione alcuna. Ed è questo quanto accade nel leggere il dramma in due atti oggetto del nostro interesse. Meritevole di pubblicazione anche per consentire ad un pubblico più vasto di essere assaporato in tutte le sue variazioni. Un merito è quello dell’essere riuscito a calibrare il ritmo ed il tempo con continue variazioni, senza creare rotture con quanto detto e raccontato prima o dopo. Un altro elemento che ha convinto è stato il giusto risalto dato a tutti i personaggi. Si ha la sensazione che non ci siano ruoli secondari: ad ognuno, infatti, viene dedicato il giusto ritratto. Tutti poi “lavorano” per rafforzare quello del protagonista, Vladimir. A far da collante ci pensa poi la scrittura: la descrizione di cose e situazioni è si dettagliata ma non maniacale. Lo stile è pulito. Proprio come quando si assiste ad un’opera teatrale qui la scenografia fa da scenografia e gli attori si muovono in essa per dar corpo alla narrazione. Non sarebbe impensabile dunque per “L’illusionista” l’approdo alle tavole. Gli elementi ci sono tutti. [Concita De Luca]
SECONDO PREMIO
In questa vita bugiarda
di Stefania Maione – Napoli
“In questa vita bugiarda” è una bella fotografia di una storia qualunque. Potrebbe essere la vita di un nostro vicino, di qualcuno che magari conosciamo solo superficialmente. E perché no, una nostra storia, anche solo immaginata. Ha convinto. E’ piaciuto, conquistandosi così un premio meritato. Una segnalazione di pubblicazione è doverosa. Il romanzo racconta di una Sicilia semplice, fatta di persone, vicende semplici ma anche temi forti, importanti: la realtà dei pescatori che si muove tra l’essere leggenda e verità; il rito della mattanza; il difficile rapporto di un figlio (Lorenzo) e di suo padre (Michele Carducci, detto il “rais”), i due protagonisti del romanzo. Su questo percorso narrativo ad emergere su tutto è la vita complicata del protagonista primo, Lorenzo, nella quale ha un suo peso il legame di amicizia con il giovane Francesco. Nel descrivere queste parentesi di vita la scrittura scivola via senza intoppi. I dialoghi sono coinvolgenti e convincenti. I commenti e le descrizioni misurate ed efficaci. “In questa vita bugiarda” nasconde diversi punti di vista quasi a voler offrire al lettore dimensioni diverse per un viaggio immaginario fatto di percorsi nuovi. E’ da sottolineare il merito dell’autore nell’essere riuscito ad intrecciare, intorno al personaggio principale, questi piani paralleli di racconto senza perdersi in inutili divagazioni. Al lettore viene così proposta una storia gradevole che prende sin dall’incipit. [Concita De Luca]
TERZO PREMIO
Game love – over game
di Concetta Isabella De Cesare – Minturno ( Latina)
Forse già lo sa. Altrimenti glielo diciamo noi in una cinquantina di parole. Concetta Isabella De Cesare è una kantiana, di quelle toste: per lei, come per il suo maestro, l’ironia è una affezione, un moto che deriva da una aspettazione, la quale, all’improvviso, si risolve in nulla. Proprio come nel suo bel racconto lungo che “indirettamente rallegra con molta vivacità” e non certo, direbbe l’uomo di Konigsberg, in quanto la rappresentazione è oggettivamente oggetto di diletto, “ma unicamente perché essa, in quanto semplice gioco delle rappresentazioni, produce un equilibrio delle forze vitali”. Game love over game è storia d’amore, trappola d’amore, chiasmo d’amore. L’autrice è di marca nuova, europea, come s’addice. La scrittura della De Cesare è affilata e sardonica, compatta e sorridente, anzi, a ben rifletterci e per dirla con Bergson, “un’anestesia momentanea del cuore: si dirige alla pura intelligenza”. E, poi, last but not least, ci fa venire in mente Santana: “(…) A little bit of laughs / A little bit of pain / I’m telling you, my babe / It’s all in the game of love / This, what ever you make it to be / Sunshine set on this cold lonely sea (…)”. [Francesco G. Forte]
PREMIATI CON TARGA
Mirella Cuaz Alborno, Diego Ferrara, Cristiano Marcatelli, Francesco Menghini, Fabio Palma, Pietro Solimeno.
PREMIATI CON MEDAGLIA
Lorella Carli, Matteo Cosimato, Davide Donato, Vincenzo Leopoldo, Stefano Paolini, Anna Senatore, Gianfranco Spinazzi.
POESIA IN VERNACOLO
PRIMA CLASSIFICATA
TI VITTI CRISTU
Ti vitti Cristu…..
Davanti li scaluna di la chiesa
mentri stinnevi a manu a lu passanti
ca ‘ndiffirenti mancu Ti taliava.
Ti vitti…
‘Ntrusciatu ntôn cartuni ‘mmenzu â strata,
lu celu pi suffitta,’na basula di petra pi capizzu,
li carni arrizzati di lu friddu, lu sdegnu ‘nta la facci di la genti.
Ti vitti ancora Cristu….
‘nta l’occhi dispirati d’un surdatu
mentri cadìa, gridannu matri mia,
e û suli adaciu adaciu scumparìa
annigghiatu da lu fumu di cannuna.
Ti vitti Cristu…
’ntê lacrimi dâ matri, c’aspetta sularina a la finestra
lu figghiu ca ‘na notti ‘i primavera, finì la cursa ‘ncapu lu muturi,
l’ali muzzati prima di vulari.
Ti vitti….
‘nta lu lettu di spitali, lettu di spini, lettu di duluri,
nudda spiranza dintra di lu cori.
Ti vitti Cristu…
‘nta la facciuzza lorda d’un carusu
c’addumannava tri sordi ‘i cumpassiuni,
jttatu ‘ntâ n’agnuni di la strata.
Quanti voti T’haiu vistu Cristu,
quanti voti li spaddi T’ha vutatu,
quanti voti avissi vulutu turnari ‘nnarrè,
stenniri la manu, rialari un surrisu, ‘na parola , ‘na carizza…..
Pirdunami Cristu,
si T’haiu vistu e T’haiu abbannunatu.
Margherita Neri (Cefalù – PA)
Una considerazione gnomica sul tempo e sulla memoria dà l’avvio all’amarcord che riguarda il passato, significato da espressioni metaforiche incisive e personalissime, splendide nella loro originalità: “il lume di memoria che si spegne”, lo stupore dei libri, la “luce del viso sorridente di ragazza”, il cancello delle ciglia. Poi il passaggio al presente si fa straziante e la climax emotiva trova il culmine “nell’orrore delle pistole/ giustiziere, degli aghi nelle vene”. Molti non ci sono più, di altri resta solo il nome come pallido ricordo e, nel nero del cielo, solcato dal breve gioco delle nuvole, il poeta àncora la sua esistenza alla sua terra, evocata attraverso notazioni, che si segnalano per la suggestione che le accompagna: l’acqua verdastra di laguna, con i suoi giochi eterni di riflessi, i palazzi, i coriandoli impazziti nel loro straordinario brusio, i muri scrostati da un’aria di sale, le calli, conosciute a memoria. E, nonostante la struggente consapevolezza dell’assurdo girotondo che è la vita, col fragore muto degli anni (bellissimo l’ossimoro) alle spalle e “la sirena spalancata nel fumo/ di Marghera” in fondo, per tutti resta l’imperativo categorico o, se si vuole, la condanna di continuare ad essere nella storia, per penosa e angosciante che sia. [Maria Olmina D’Arienzo]
SECONDA CLASSIFICATA ex-aequo
QUANTE VUERE
(a papa mije)
I figlje arrevàvene come i cerase,
l’une apprisse all’ate,
e fategàvene duje vrazze, ’nu mu’ue
e lli mauannàte.
L’une apprisse all’ate jìne i cucchiarate:
ze’ Pitre, ze’ Necoue, ze’ Cicce,
z’Alfrede, e tu, a ‘nna bbanne,
ze’ Ganne, z’Erminie, ze’Rusine e ze’ Sestine,
a ‘nn’ata bbanne.
’A ppetìte facì bìde i canneùzze
e llu piatte jèrede smenzàte,
’na vattùte ’i gucchie
e se vedìde ‘u cu’ue du vaciuotte.
Pe’ bbive
’na uangèlle cu’ quatte abbeveratùre,
’na jascke cu’ gunu vuccagklie.
Pe’ lli cchiù zinne, ’u pesciarille.
E jì, ca quanne mangiamme cu’ tutt’u timpe
’ntu piatte chjine,
jì, ck’evìje studiate,
me uamentàve ca te sentìje ’i surchià,
ammuije ca vevìse
’ntu bucchire addu’ ce vìne vìppete ll’ate.
“Mare a cu’ fa’ llu figlie chiù accurte ’i jìlle”:
mu’ repetìse spisse ’stu ditte,
e jì evìje studiate.
Jì evìje studiate e jère giùvene,
e a ‘nne sapìje nente du munne,
tu ’nvece an t’evise maje scurdate
’i quanne jérese preggiunìre
e pe’ guije ’ì vive ’na gocce ’i gacque
t’abbeveràvese ’nti ciampecàte di’ cavalle
s’avis’a fortune di ’ffruntà.
Tu an t’evìse scurdàte ’i quanne jìse sunànne
e facise vìve prime ll’ate i musicante,
e doppe ’i ventecincke o trente
’u bucckìre arrivavede addu tije
ck’an se capescide su vine jere truve o jere sencire.
E jì,
ck’evije studiate, e jère vurde,
te vu-uìje ’mpara’ come se mangiàvede e se vevìde.
Papà,
quante ce vuère vìve, mo’, ’ntu stesse bucchire tuje.
Ué papà,
cke musicke cke fujèrede ppe’ mije
s’’a putere sinte ancore ’a surchiatine
’i quanne te mangiavese i raschkatille e lli uaganèlle
Giuseppe Muscetta (Oriolo – CS)
QUANTO VORREI (a mio padre)
I figli arrivavano come le ciliege,/ l’uno dietro l’altro,/ e lavoravano due braccia, un mulo/ e le annate cattive./ L’uno dietro l’altro si inseguivano i cucchiai:/ zio Pietro, zio Nicola, zio Ciccio, / zio Alfredo e tu, da una parte,/ zia Anna, zia Erminia, zia Rosina, zia Sestina/ da un’altra./ La fame faceva vedere le lucciole/ e il piatto era mezzo vuoto./ Un batter d’occhio/ e si vedeva il fondo dell’unico piatto grande./ Per bere una brocca con quattro abbeveratoi,/ un fiasco di terracotta con un solo boccaglio./ Per i più piccoli: ’u pesciarìlle./ Ed io, che quando mangiavamo senza fretta/ nel piatto pieno,/ io, che avevo studiato,/ mi lamentavo perché ti sentivo surchiare*,/ non volevo che bevessi / nello stesso bicchiere dove avevano bevuto altri./ “Misero colui che fa il figlio più intelligente di lui”:/ me lo ripetevi speso questo detto,/ ed io avevo studiato./ Io avevo studiato ed ero giovane,/ e non sapevo niente del mondo,/ tu invece non ti eri mai dimenticato/ di quando, prigioniero,/ per la necessità di bere una goccia d’acqua/ ti abbeveravi nelle orme dei cavalli/ se avevi la fortuna di incontrarle./ Tu non ti eri dimenticato di quando andavi suonando/ e facevi bere prima gli altri musicanti,/ e dopo di venticinque o trenta il bicchiere arrivava a te/ che non si capiva se il vino era torbido o era limpido./ Ed io, che avevo studiato, ed ero sazio,/ ti volevo insegnare come si mangiava e si beveva./ Papà,/ quanto ci vorrei bere adesso nel tuo bicchiere!/ Papà,/ che musica sarebbe per me/ se potessi sentire ancora ’a surchiatìne*/ di quando mangiavi i raschkatìlle e lli uaganèlle!
* SURCHIATINE: Il rumore che si produce mangiando;
**RASCHKATILLE/UAGANELLE: cavatelli e fettuccine fatte in casa.
La musicalità e l’immediatezza pregnante del dialetto ben si adattano e si coniugano con la spontaneità e il sentimento di un contenuto estremamente palpitante e intenso. Ciò che colpisce è la semplicità profonda del messaggio lirico e la considerazione di quanto possa essere poetica anche la quotidianità, se al fondo c’è la capacità di renderla suggestiva e toccante. [Maria Olmina D’Arienzo]
SECONDA CLASSIFICATA ex-aequo
EL DÓNDOEO
‘a cuna da sòea
ninà dae fole
cantae da ‘a rosta
na carega sota
rùstega trata là
svodà dàea nona
che prima del soe
‘a ze ‘ndà al marcà.
‘a se fa caresar
dai sgrafi dee russe
tironar dai gati
tacoear dae ave
inmagae de brombi
che zuga coe lane
inveciae soi feri
a far croze soi ponti.
‘a speta che rive
pian pian ‘a parona
vestia col grembiae
fiorìo come el prà
che ‘a pose el sesto
‘a cave i sopei
‘a se sente straca
col sòito susto.
‘a se cùcia un fià
da ‘a parte pi sghemba
co ciama ae Funsion
na campanea sbecà
tute do triboea
sgrana ‘a corona
coi fasoi del sesto
Calcun e dóndoea.
Laura Vicenzi ( Bassano del Grappa – VE)
LA SEDIA A DONDOLO
Dondola da sola/ cullata dalle fiabe/ cantate dal ruscello/ una sediolina zoppa/ rustica e trascurata/ sola senza la nonna/ che in anticipo sul sole/ è già andata al mercato./Si fa accarezzare/ dai graffi dei rovi/traballa al passaggio dei gatti/è resa appiccicosa dalle api/addolcite dai pruni/che giocano con le lane/invecchiate sui ferri/a far croci sui punti./Aspetta che ritorni/col suo passo lento la padrona/vestita con un grembiule/fiorito come il prato/che posi il cesto di paglia/si tolga scarpe di pezza/e si sieda stanca/col solito sospiro infastidito./Si inclina un pochino/dalla parte più sghemba/quando chiama alle Funzioni/un suono di campane stonate/tutte e due tribolando/sgranano la corona del Rosario/coi fagioli del cesto/
Qualcuno da dietro le dondola.
Un andamento e un tono fiabesco introducono, nella Sedia a dondolo, un punto di vista insolito e straniante, mediante il quale il poeta sa dar voce alle umili creature e alle cose inanimate della vita di ogni giorno, per evocare, in un’atmosfera assorta e piena di mistero, la padrona assente, ma destinata, al suo ritorno, a riempire di semplice gioia e di colori squillanti uno scenario vuoto, ritratto nella sospensione muta dell’attesa. [Fabio Dainotti]
SECONDA CLASSIFICATA ex-aequo
‘A vesta nova
Sèmpe ‘e partenza. C’ ‘a valigia pronta
Arroto a’ porta. Pronto a me ne ‘j.
Ma nun partètte maje. Nun so’ turnàto.
Cumme putévo, benedìtte Dio,
Cunfessà a miézu munno doppo tanto;
doppo c’avévo mìso ‘e manifeste
quanno partètte, ca m’ero sbagliato?
Ca ‘o core è ‘o core, e ‘a casa è ‘a casa. E a terra
addò si nato pesa ‘ncop’ ‘o core
cchiu ‘e duimìla muntàgne e te scamàzza
si tu faje sulo ‘a mossa ‘e te ne j’.
Ca ce vonno raggione eccezziunàle
pe’ lassà ‘o psto addò si nato. E tutte
chelli raggiòne je nun ‘e tenévo.
Nun truvaie ‘o coraggio ‘e turnà arreto.
E tutt’ ‘e ssere cu’ malincunìa
me ne jévo a’ stazionà ‘ncopp’ ‘e trene
ca aspettavano juòrne pe’ parti’.
O’ int’ ‘e ssale d’aspetto addubbechiàte
addò stéveno e stanno chille ca
nun teneno na casa e n’orizzonte.
E annant’ ‘a ll’uocchie me sciuliàva ‘o vico
tutt’ ‘e mmatìne arricreàto pe’
na lenza ‘e sole ca passava ‘e pressa,
ce salutava e se ne jeva.
Addò
Tu, chianu chiane, arrota o’ fenestiéllo
arricamàve nu vestito ‘e tulle
pe’ pare’ cchiù elegante ‘mparaviso.
Paolo Sangiovanni (Roma)
La sottile vena comica stempera la drammaticità delle situazioni, come è tipico della napoletanità. Anche la lirica ‘A vesta nova di Paolo Sangiovanni non si sottrae a questo assioma e coinvolge l’anima e il cuore con lo splendido effetto fonico del dialetto napoletano e la dolcezza morbida di certe espressioni poetiche particolarmente suggestive: “E annant’ ‘a ll’uocchie me sciuliàva ‘o vico… arricreàto pe’ na lenza ‘e sole”. C’è nei versi una intrinseca musicalità, che cattura e attrae, come in un cerchio magico, chi legge o ascolta. [Maria Olmina D’Arienzo]
La veste nuova
Sempre di partenza. Con la valigia pronta\dietro la porta. Pronto ad andarmene.\ ma non partii. Non sono più tornato.\ come potevo, benedetto Dio\confessare a mezzo mondo dopo tanto;\dopo che avevo messo i manifesti\ quando partii, che mi ero sbagliato?\ Che il cuore è il cuore e la casa è la casa. E la terra\ dove si è nati pesa sopra il cuore\ più di duemila montagne e ti schiaccia\ se fai solo il gesto di lasciarla.\ Che occorrono ragioni eccezionali\ per lasciare il posto dove si è nati. E tutte \ quelle ragioni io non ce le avevo.\ Non trovai il coraggio di tornare indietro.\ Ed ogni sera con malinconia\ andavo alla stazione, sopra i treni\ che aspettavano l’alba per partire.\ O nelle sale di attesa insonnolite\ dove stavano e stanno tutti quelli\ che non hanno né casa né orizzonti.\ E davanti agli occhi mi scivolava il vicolo\ ogni mattina rallegrato da\ una striscia di sole che passava rapida,\ ci salutava e se ne andava.\ Dove\ tu lentamente dietro il finestrino\ ricamavi un vestito di tulle\ per apparire più elegante in Paradiso.
PREMIATI CON TARGA
Antonello Bazzu, Rita Califano, Antonio Covino, Raffaele Galiero, Antonio Giordano, Gennaro Grieco, Carmine Maggio, Gerardo Moscariello, Marisa Santoro.
PREMIATI CON MEDAGLIA
Armando Annunziata, Vincenzo Cerasuolo, Rita Coppola Alfano, Daniele De Luca, Massimo De Mellis, Ela Gentile, Daniela Megna, Maria Teresa Merenda, Giovanna Oro, Giovanni Pisapia, Vincenzo Russo, Giuseppe Schepis, Maria Schiavone, Mario Senatore, Loredana Simonetti, Nella Sebastiana Urciullo, Michele Verona.
POESIA IN LINGUA ITALIANA
PRIMA CLASSIFICATA
Io sono rimasto a queste calli
Sono finite le strade del tempo
ragazzo – un lume appena di memoria
che si spegne – quando avevo negli occhi
lo stupore dei libri e le notti tutte da inventare
e molte carte e parole e giorni lunghi da sprecare.
Imparavo l’amore allora a poco a poco,
sognavo quel dolce fuoco, i baci e le promesse
di una vita da correre alla luce
del suo viso sorridente di ragazza. E furono ore
di sole alto davvero, di lunghi
sguardi oltre il cancello delle ciglia,
conobbi l’abbraccio di due anime
accanto. Più tardi ho saputo il suo strazio.
Gli altri sono andati, hanno fatto figli
un po’ per amore un po’ perché si fanno,
qualcuno è caduto nell’orrore delle pistole
giustiziere, degli aghi nelle vene.
Di tanti – oggi – ricordo appena il nome.
E il cielo si chiude, si fa nero, il breve
gioco delle nuvole in viaggio
adesso stringe in gola.
Io sono rimasto a quest’acqua verdastra
di laguna, ai suoi giochi eterni
di di riflessi che dissolvono palazzi
in un brusìo di coriandoli impazziti.
Sono rimasto a questi muri scrostati
da un’aria di sale che, giorno per giorno,
li sfarina, a queste calli che so a memoria
e ripetono i miei passi su se stessi
nell’assurdo girotondo che per celia
noi diciamo storia.
Con un fragore muto d’anni senza volto
alle mie spalle e, in fondo,
la sirena spalancata nel fumo
di Marghera,
continuare
è questa, dunque,
la mia,
la nostra pena.
Francesco Sassetto – Venezia
Una considerazione gnomica sul tempo e sulla memoria dà l’avvio all’amarcord che riguarda il passato, significato da espressioni metaforiche incisive e personalissime, splendide nella loro originalità: “il lume di memoria che si spegne”, lo stupore dei libri, la “luce del viso sorridente di ragazza”, il cancello delle ciglia. Poi il passaggio al presente si fa straziante e la climax emotiva trova il culmine “nell’orrore delle pistole/ giustiziere, degli aghi nelle vene”. Molti non ci sono più, di altri resta solo il nome come pallido ricordo e, nel nero del cielo, solcato dal breve gioco delle nuvole, il poeta àncora la sua esistenza alla sua terra, evocata attraverso notazioni, che si segnalano per la suggestione che le accompagna: l’acqua verdastra di laguna, con i suoi giochi eterni di riflessi, i palazzi, i coriandoli impazziti nel loro straordinario brusio, i muri scrostati da un’aria di sale, le calli, conosciute a memoria. E, nonostante la struggente consapevolezza dell’assurdo girotondo che è la vita, col fragore muto degli anni (bellissimo l’ossimoro) alle spalle e “la sirena spalancata nel fumo/ di Marghera” in fondo, per tutti resta l’imperativo categorico o, se si vuole, la condanna di continuare ad essere nella storia, per penosa e angosciante che sia. [Maria Olmina D’Arienzo]
SECONDA CLASSIFICATA
L’ultimo canto
a mia Madre
Voi l’avete vista camminare come in trappola,
misurare la lunghezza della propria inquietudine
navigando vie senza timone né rosa dei venti.
Aveva scarpe diseguali
e una giacca di lana sulla sottoveste,
cantava reclinata sul tempo contratto,
sospesa sull’inferno che le torceva il respiro
in lamenti privi di intenzioni,
cantava la sua storia confusa con lievità inattesa
fra le onde di un umido libeccio
che la schiantava.
Madre lontana,
madre sfuggita al mio pianto in un assaggio d’alba
che ha leccato il buio con violenza!
Biacca malleabile e perlacea
impastava fili di brina sulla terra,
e lì hai sostato,
sorpresa da inconsapevole stanchezza.
Ora manchi all’appello,
viaggiatrice segreta del mio sangue,
e non è il gioco del farsi rincorrere
o un negarsi per dispetto,
ma canto impigliato nel corso del destino.
E’ tempo di riconciliare il tuo corpo perduto
col lievito del fiato,
viatico che adesso ti consegno
come se fosse vita.
(Dalla raccolta “Katana e altre poesie”)
Anna Ciufo – Pellezzano (Salerno)
Un ultimo canto, dedicato alla madre, in due tempi, sottolineati anche dall’alternanza dei caratteri, il corsivo e il normale. Il ricordo della madre, vittima dell’Alzheimer, ma incredibilmente non doma nel “misurare la lunghezza della propria inquietudine/ navigando vie senza timone né rosa dei venti” e nel cantare la sua storia, pur confusa, “con levità inattesa/ fra le onde di un umido libeccio”, è struggimento intenso e forte rimpianto. L’amore filiale si fa poesia, carica di emozione e di sentimento, e la madre, che nel primo tempo camminava come in trappola, nel secondo diventa “viaggiatrice segreta del sangue” della poetessa, che per lei conia espressioni bellissime e utilizza una parola che non dice semplicemente, ma è, si fa essa stessa cosa, sostanza, intrisa di pianto, quel pianto cui la persona amata è “sfuggita… in un assaggio d’alba/che ha leccato il buio con violenza”. La scelta dei termini è sagace e accuratissima, nulla è lasciato al caso, ma tutto è calibrato, vagliato attentamente dalla mente e dal cuore, perché incida profondamente nella mente e nel cuore di coloro che si accostano ad un modo poetico personale e inconfondibile, qual è quello di Anna Ciufo. [Maria Olmina D’Arienzo]
TERZA CLASSIFICATA ex-aequo
Tu
Volevo comprare un cane
per avere un po’ di compagnia
poi sei arrivato tu
e il cane non lo voglio più.
Volevo andare a Malibù
per vedere il mare blu
poi sei arrivato tu
e il mare di Rimini è sempre più blu.
Volevo cambiare lavoro
perché non rendevo più
poi sei arrivato tu
e sono la più brava della tribù.
Volevo cambiare arredamento
perché non mi piaceva più
poi sei arrivato tu
e mi piace sempre più.
Volevo cambiare il guardaroba
perché era fuori moda
poi sei arrivato tu
e sono sempre nuda.
Ora sei qui di fronte a me
stai sorseggiando il tuo caffè.
ti tendo una mano
ti dico:
“Non potrei più vivere senza di te!
Io ti amo”.
Tu ti alzi
stringi le spalle
ti tocchi le palle
ti giri
te ne vai piano piano
e mi saluti con una mano.
Ivana Brigliadori – Bologna
(Dalla raccolta di poesie “Letras de tango”)
All’interno di quella vera e propria “odissea di pitocchi” che è la sua raccolta Letras de tango, Ivana Brigliadori sa rappresentare con ironia non solo l’esperienza dell’amore, unico talismano in grado di colmare il grigiore della solitudine, ma anche l’angoscia di amare e non essere amati, utilizzando, in un susseguirsi di versi sincopati a rima baciata, il turpiloquio e lo sberleffo, ma come profonda esigenza di pulizia morale e richiesta d’altro. [Fabio Dainotti]
TERZA CLASSIFICATA ex-aequo
So d’un poeta
So d’un poeta ch rovista il cuore,
fruga il silenzio delle antiche veglie,
si stende al tuo respiro, inventa lune
come mirtilli al vento delle mani.
Ti somiglia il suo passo, il suo bisbiglio.
Tu non negargli l’urlo di parole.
Afferra gli universi del suo credere,
le spighe del suo canto, quella pagina
che non è scritta ancora ma già trema.
Ha le ferite della terra in pugno,
il sangue che non muta.
E ti confonde
a volte e a volte è lama alla coscienza,
onda che sbatte sulle tue ossessioni.
So d’un poeta che non ha più voce,
pure lo ascolti sussurrarti piano
nella camera in ombra, quando tace
l’anima fra le crepe del dolore
e anche i tuoi silenzi hanno più gridi.
Giovanni Caso – Siano (Salerno)
(Dalla raccolta di poesie “Se per poco mi ascolti”)
Il poeta è un uomo che entra nel cuore per operare, per vivere, per cercare, per amare la vita. Nei versi del Caso emerge il silenzio di ore trascorse, urla la parola con tono sommesso. Soffre la sua penna, trema la sua anima in matrimonio col dolore: un dolore tenero ma forte, un dolore che fuoriesce dal respiro, un dolore che trabocca raggiungendo la coscienza di lettori che camminano vagando nell’aria gonfia di ferite umane. Pur tuttavia la vox del poeta è sempre urlante, ma con un silenzio in sottofondo. [Annamaria Apicella]
PREMIATI CON TARGA
Marco Amendolara, Mina Antonelli, Giuliano Cardellini, Lorenzo Cerciello, Rosalia Colella, Cinzia Corneli, Maurizio D’Armi, Rosanna Di Iorio, Melina Gennuso, Armando Giorgi, Domenico Luiso, Lorenzo Piantini, Paolo Polvani, Gianni Rescigno, Mario Stanziano, Umberto Vicaretti.
PREMIATI CON MEDAGLIA
Simona Acanfora, Raffaella Alladio, Emanuela Antonini, Domenico Apicella, Angela Aprile, Giuseppe Armenante, Vincenza Armino, Elena Auddino, Alberto Averini, Elisa Bassi, Giorgio Bellanca, Liana Bonuccelli Caputo, Fabiano Braccini, Giovanna Businello, Castrenze Calandra, Gaetano Camarda, Anna Maria Cardillo, Ida Cecchi, Stefano Cervini, Mariangela Chiesa Cantarelli, Elena Lucia Chigiotti, Paolo Ciarpaglini, Palma Civello, Monica Cocciardo, Mattia Conti, Italo Corti, Germano Costa, Giovambattista Croce, Carmela Crosazzo, Carla D’Alessandro, Giuseppe D’Alessio, Chiara D’Amato, Antonio Damiano, Ernesto Di Biagio, Roberta Di Lallo, Lucia Di Monaco, Colomba Di Pasquale, Rodolfo Di Rosa, Umberto Druschovic, Gabriele Eandi, Franco Fiorini, Cristina Formica, Annarita Fossa, Anna Gigantino, Emilia Iannone, Silvia Anna Lantero, Andrea Lazzara, Antonio Lonardo, Costantino Loprete, Jessica Malfatto, Nicola Marasciulo, Liliana Marchi, Fulvia Marconi, Andrea Mariotti, Daniele Mastellone, Chiara Matraxia, Rinaldo Mazzetti, Emma Mazzuca, Roberto Mestrone, Riccardo Minissi, Salvatore Monaco, Maurizio Orsi, Anna Maria Osteo, Maria Piera Pacione, Gilberto Palmacci, Rita Palopoli, Giovanni Panarese, Gabriele Panfili, Pasqualina Liliana Peduto, Stefania Perelli, Giacomo Peroni, Bernardino Perrone, Gaetano Piccolella, Costanza Piermartini, Pinella Pistis, Federica Proietti , Marisa Provenzano, Manuel Puccetti, Fedel Franco Quasimodo, Giancarlo Remorini, Antonella Rizzo, Pierfrancesco Roccato, Giuseppe Romano, Luca Romano, Paola Russo, Benito Santangelo, Antonio Scarpone, Santina Senatore, Gennaro Sica, Giovanni A.Z. Siniscalco, Maria Rosaria Sorrentini, Maria Stimpfl, Antonietta Tafuri, Vinia Tanchis, Stefano Tomassetti, Laura Tonelli, Alfredo Torreggiani, Anna Torregrossa, Davide Vaccino, Gerardo Valvano, Marco Vinci, Pasquale Vinciguerra, Michela Zanarella.
RACCONTI BREVI
PRIMO PREMIO
LA RISPOSTA DI DIO
Stefano Borghi – Cassina de Pecchi (Milano)
E Dio ci risponde sempre. Basta ascoltarlo! Dicembre alle porte ci invita ad una grossa riflessione sulla vita, sul dolore, sulla gioia degli sguardi, delle piccole cose, dei teneri sorrisi. La storia di tre persone, Stefano-Maria-Teresa, è descritta in un racconto toccante, un racconto che entra nel cuore, nell’animo, tra gli angoli più nascosti, ma più veri, della nostra coscienza. I fili della storia dei tre vengono mossi e diretti da Dio, un Dio nascosto ma presente in ogni parola pronunciata e vissuta dall’autore. Un Dio che ha un progetto ben definito, nel quale però, noi esseri umani non possiamo entrare. È qui “ entra in gioco” la nostra limitatezza: riconoscere la sua enormità significa prendere coscienza di noi!
Stefano è il padre (ora ha 70 anni), Maria è la madre (ora morta), Teresa è la figlia che oggi compie trent’anni. Una figlia viva che riesce a comunicare con piccoli ma dolci gesti, con teneri sguardi: Teresa c’è, Stefano c’è. Il ” c’è” vuol dire: vivono in sintonia, vivono con una percezione di sé e degli altri più forte di coloro che vivono ma non ci sono. L’autore è eccezionale nel suo vivere accanto a Teresa, ed è eccezionale anche nelle parole che “ dedica” a Maria (“ l’ha sempre guardata come se fosse la bambina più bella del mondo”). Tante le frasi da elencare: tutte belle, tutte delicate, tutte sentite dal profondo del cuore. Un cuore, quello dell’autore, toccante, un cuore che ancora, a settant’anni, palpita, vive, soffre, ma ama. E cosa dire, poi, delle sue paure? Comprendo, le comprendo, perché ? Le ho anch’io. Grazie, Stefano! [Annamaria Apicella]
SECONDO PREMIO
SCINTILLE DI VITA
Francesco Marconi – Roma
Quanti di noi hanno percepito, hanno sentito, hanno avvertito le sensazioni di cui parla l’autore? Attraverso un discorso, o forse meglio un discorrere lento, preciso, minuzioso, una mamma e una figlia intrecciano pensieri e azioni. Chi scrive è una bimba che ha scoperto di vivere: di assorbire i pensieri di sua madre nelle acque del suo pancione. Un argomento, questo, molto delicato, ma tanto sottile. Riflessioni smaglianti, profonde, percettibili dolcemente: gioie, bellezze, felicità unite a profumi di fiori, calore del sole, verde dei prati, silenzio dei boschi … l’amore. Ed è l’amore che, unendo i due esseri in una sensazione di ascolto molto forte, salva la piccola rendendola alla vita. Una bimba “ diversa” nascerà solo dopo che i suoi messaggi di vita raggiungeranno il dolore di sua madre: una donna in ascolto totale della bimba-figlia che desidera ardentemente dare corpo ai suoi sogni. [Annamaria Apicella]
TERZO PREMIO ex-aequo
ROSSO IRLANDESE
Stefania Giovando (La Spezia)
Musica: onde che vagano sui fili di un violino. Tre ragazzine intente a pregnare l’aria di onde magnetiche. Musica, musicalità: risveglio di nostalgia, di rimpianto, di addii, di paura dell’ignoto, di emigranti, di un amore perduto. L’ascolto della donna è musica, come pure i suoi ricordi, le sue nostalgie. Le note suonano, vibrano inviando messaggi antichi. E tutto intorno si ferma: l’incanto è sospeso nell’aria. Il racconto è… musica. [Annamaria Apicella]
TERZO PREMIO ex-aequo
LEI ERA DIVERSA
Pierino Pini – Montichiari (Brescia)
Tutto incentrato sul contrasto tra il linguaggio universale dell’amore, quello del corpo, che accomuna bestie e uomini, da una parte; e il codice linguistico, utilizzato per offendere e nascondere i veri sentimenti dall’altra, il racconto riesce a comunicare il senso di una rivolta muta e disperata, sotto gli occhi indifferenti o malevoli di gente sempre avara ed estranea di fronte al lutto e al dramma del diverso, condannato alla solitudine e all’emarginazione. [Fabio Dainotti]
PREMIATI CON TARGA
Silvana Aurilia, Daniela Baldassarra, Mirtide Bonfanti, Sabino De Bari, Emilia Fragomeni, Marina Indulgenza, Arianna e Selena Mannella, Francesco Papalino.
PREMIATI CON MEDAGLIA
Maria Baggi Necchi, Vincenzo Belcastro, Giuseppe Bellanca, Maria Bellucci, Alessandro Berardelli, Aldo Bonato, Roberto Braschi, Maurizio Catuara, Clemente Cipresso, Elena Cipriani Mazzantini, Patrizia Esposito, Enrico Fontanarosa, Sandra Frenguelli, Franco Gollini, Eugenia Grimani, Gennaro Liscio, Maria Lurini, Verdiana Maggiorelli, Dionigi Mainini, Renato Mangarelli, Maria Pia Marcorelli, Giulia Martano, Emilia Merenda, Mauro Montacchiesi, Laura Morelli, Francesco Palermo, Florio Panaiotti, Carla Petruzziello, Carmelo Polese, Franco Querini, Daniela Raimondi, Antonio Russo, Vittorio Sartarelli, Vincenzo Segneri, Graziano Sia, Alvaro Staffa, Carmine Valente, Antonio Giuseppe Valenti, Lenio Vallati, Jasna Zoric, Giuseppina Zupi.
RASSEGNA STAMPA
Il mattino
20 giugno 2008
La città
24 giugno 2008
19 giugno 2008
24 giugno 2008
Il Salernitano
19 giugno 2008
24 giugno 2008
Cronache