La guerra è un tema ricorrente nelle opere di questa ventiquattresima edizione del Premio Città di Cava. È lo spettro che s’insinua nella quotidianità dell’uomo qualunque, che vive in una società sempre più attenta a ciò che accade oltre le frontiere. È l’uomo figlio del Novecento e dei due conflitti mondiali che non può e non vuole dimenticare, che guarda a quelle vecchie cicatrici e sembra gridare “Mai più”. È il timore crescente verso il terrorismo e verso una cultura diversa, troppo a lungo ignorata e spesso stereotipata.
Gli echi dell’11 Settembre sono ancora vivi e turbano le coscienze di tutti per la rapidità e la forza con cui hanno radicalmente modificato il corso della Storia. Ma non solo.
Forte di un’esperienza vissuta e spesso pagata con la propria pelle, l’uomo di oggi non si accontenta della versione ufficiale “filtrata” dai media: scavalca questa barriera e ritrova sensazioni che un tempo erano sue, ritorna a quando viveva col terrore di guardare in cielo, quando si sentiva fortunato per aver potuto respirare una volta di più ed infuriato a dover pagare il prezzo di una guerra che non era sua; in molti sguardi rivede se stesso come in una foto di quegli anni, consapevole però dell’importanza di non lasciare la penna della Storia ai vincitori e di raccontare al mondo anche la sua verità. Siamo orgogliosi per aver “ospitato” un gran numero di queste Verità.La valutazione delle numerose opere in gara è stata curata dalla Giuria composta dai docenti Maria Olmina D’Arienzo, Norma D’Alessio e Fabio Dainotti, da Concita De Luca, giornalista e da Francesco G. Forte, responsabile della Casa Editrice Oèdipus.
La Giuria ha in una prima fase attentamente esaminato le opere singolarmente. Successivamente, in seduta collegiale sono state comparate e valutate le opere che avevano conseguito i punteggi più alti, pervenendo alla graduatoria finale ed alla compilazione dei giudizi di merito.
Su questa rivista, oltre all’elenco degli artisti premiati, riportiamo gli abstract delle opere di narrativa prime classificate, curati direttamente dagli Autori e, per intero, le poesie graduate ai primi tre posti. Le opere sono corredate dalle motivazioni formulate dai Giurati.
Nel corso della cerimonia della premiazione la lettura delle opere prime classificate è affidata all’attore Giuseppe Basta.
Gli interventi musicali sono affidati al soprano Nunzia De Falco e alla pianista Gabriella Iorio.
Come è ormai noto, la Manifestazione si avvale del contributo del Comune di Cava de’ Tirreni che ha offerto all’Autore vincitore della Sezione Narrativa Edita il premio di 1000 Euro, mentre l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Salerno ha offerto a ciascuno dei primi classificati nelle altre quattro sezioni concorsuali il premio di 600 Euro.
L’Azienda di Soggiorno e Turismo di Cava de’ Tirreni offre agli Autori secondi classificati il soggiorno in città nella formula della “mezza pensione” per il giorno della premiazione.
Ai predetti Enti, che rendono possibile il Premio Città di Cava, va il sentito ringraziamento dell’Associazione L’IRIDE.
Ringraziamo anche il Comune di Tramonti che offre ai premiati una degustazione dei liquori della costiera amalfitana affinché portino con sé un ricordo dei sapori tipici della nostra terra.
La Presidente
Maria Gabriella Alfano
Narrativa Edita
PRIMO PREMIO
Trenta giorni di gesso
di Francesco Danti
Simpatico. E’ questo il primo attributo che, a caldo, vien da tirar fuori dai cassetti letterari della mente per dare, all’istante, l’immagine di questo romanzo. Qui l’effetto sorpresa è un gioco, come del resto tutto il libro di Francesco Danti che comunica al lettore il piacere della lettura, ma soprattutto della scrittura. In Trenta Giorni di Gesso la parola, o chi la scrive, infatti si diverte a regalare immagini, situazioni di vita comune per costruire una realtà fantastica ma che riflettendoci tanto fantastica non è. In questo libro, infatti, non manca la cronaca continua. Si presenta come una piacevole parentesi in cui la fantasia è allo stesso tempo anche realtà. E così nel leggere le pagine di questo racconto non mancano i richiami alla vita di ognuno di noi, agli amici, a quanto quotidianamente pensiamo, viviamo, sentiamo anche inconsapevolmente.
Spontaneo. Ecco un altro aggettivo che suggerisce “Trenta Giorni di Gesso” con i suoi ventinove capitoli. A leggerne i titoli già si ha chiaro in quale avventura ci si sta per tuffare. E si, perché ogni capitolo è un’avventura che il lettore vive, grazie ad un amico, lo scrittore, che la racconta con la semplicità del dialogo orale ma anche del monologo mentale. Concita De Luca
Trenta giorni di gesso
Francesco Danti, Ibiskos 2006
pp.110, euro 12
SECONDO PREMIO
Ragazzi senza bandiera
di Mario Rigutti
Una scrittura fluida, controllata, estremamente incisiva ed attraente caratterizza questo romanzo, che è nello stesso tempo denuncia e testimonianza, autobiografia e documento vivo e palpitante di un periodo storico terribile e drammatico, di vicende che si ha il dovere di ricordare e tramandare, perché non se ne perda la memoria, ma costituiscano ammonimento ed esempio per le generazioni future.
La presenza emblematica del mare nell’incipit e l’esplosione del sole nella chiusa, in cui il protagonista “si lascia andare come fosse mare”, sono il transfert dell’anelito alla pace, ad un mondo sereno ed umano, contro la guerra, la violenza, l’odio e la volontà di distruzione e sopraffazione. M. Olmina D’Arienzo
Ragazzi senza bandiera
Mario Rigutti, Ibiskos 2006
pp. 237, euro 15
TERZO PREMIO ex-aequo
Un viaggio a Potsdam
di Luca Galbiati
Un viaggio a Potsdam è un romanzo semplice e lineare in cui l’autore, Luca Galbiati, sussurra al lettore di entrare nella storia. Di grande centralità è la figura di Federico il Grande, re di Prussia: un personaggio che vive attraverso le emozioni, le atmosfere, le sensazioni che la scrittura di Galbiati riesce a rendere appieno. La musica, poi, è quel filo rosso che unisce tutta la narrazione, dalla prima all’ultima pagina. Ciò che colpisce di questo libro è la fluidità dei capitoli; la lettura scivola senza intoppi, grazie soprattutto ad un intelligente uso della parola che riesce a raccontare ed in alcuni passaggi a dipingere le situazioni. Un Viaggio a Potsdam si legge tutto d’un fiato. Giusta anche la lunghezza. Questo è un libro che vive molto di tempi brevi, veloci, diretti ma anche di piccoli momenti di pause in cui i personaggi si fermano per lasciare che la storia si scriva meglio nella mente del lettore. Interessante è anche il legame con l’appendice “internettiana”: visitando il sito www.unviaggioapotsdam.it si ha la possibilità di ascoltare gli esempi musicali citati all’interno del romanzo. Un modo decisamente alternativo di far vivere il libro oltre se stesso. Concita De Luca
Un viaggio a Potsdam
Luca Galbiati, Il Filo 2006
pp.71, euro 13
TERZO PREMIO ex-aequo
Ostmark 1916
di Mario Aldo Toscano
L’autore, avvalendosi di pause calcolate e indugi sapientemente dosati negli excursus di carattere meditativo, ha saputo fornirci, in questo romanzo-saggio, il resoconto di un viaggio, che diventa altresì una ricerca di senso. La prosa attenta e sorvegliata è in grado di rappresentare l’intera realtà di gesti, pensieri, sentimenti che appartengono ai protagonisti, ma anche paesaggi, ambienti, atmosfere di un mondo attraversato dalla guerra e dai cupi presagi di una fine imminente.
Fabio Dainotti
Ostmark 1916
Mario Aldo Toscano, JacaBook 2006
pp 171, euro 13
ritira il premio il dott. Gerardo Pastore
PREMIATI CON TARGA
Giuseppe Adduci, Maria Cristina Aggio e Nazareno Valente, Davide Bacchilega, Mirtide Bonfanti, Andrea Bruschi, Maria Gisella Catalano, Alma Chiment, Carla Cirillo, Nazzareno Corradetti, Renzo Cremona, Donatella Decise, Marco Diana, Anna Frosali, Domenico Geluardi, Gerardo Giordanelli, Paolo Izzo, Paolo Maccioni, Michele Marletta, Raffaele Notaro, Alessandro Orlando, Mauro Orletti, Fabio Palma, Andrea Passerini, Alessandra Santini, Marco Siani, Gianfranco Spinazzi, Silvio Stellato, Adolfo Turchi, Italia Vitiello Izzo.
PREMIATI CON MEDAGLIA
Amaly Azzarini, Massimiliano Bardotti, Vincenzo Belcastro, Stefano Berti, Serena Biagini, Carlo Bonetti, Paolo Bozzato, Massimo G. Bucci, Luca Cafaro, Dana Carmignani, Vittorio Casali, Sergio Castrucci, Mariadonata Ciceri, Antonio Colombo, Silvia Cusumano, Pierina Dominici, Tatiana Fabri, Marcello Figoni, Damiano Fusaro, Walter Gentile, Laura Giordani, Antonio Giugliano, Franco Gollini, Paola Libretti, Anna Mongibello, Anna Moon, Nicoletta Perrone, Paola Anna Maria Petrelli, Fabiana Petrillo, Luciano Pietropaolo, Claudio Quaranta, Ernesto Riggi, Giovanni Rosa, Vittorio Sartarelli, Annita Tomassini, Luciana Vasile, Angelo Vetturini, Roberta Villani, Alberto Ziello.
Narrativa Inedita
PRIMO PREMIO
Girati di la’ e dormi
di Maria Beatrice de Camillis
Un incipit in presa diretta, con montaggio rutilante, ed un epilogo che veste di pensosità il polifonico racconto di vita della protagonista e le storie delle deuteragoniste, sono bastevoli a segnare la forza di una scrittura tanto libera da potersi concedere linearità minore di quanto necessiti.
Del resto, tutto il racconto (i racconti) è un inno (concettuale) all’instabilità. La precarietà, che qui viene in enfasi, pare caratterizzare le appartenenze, non più date solo per nascita, classe, legami territoriali, età o genere, ma dettate anche dalle scelte individuali di Mariacamilla e delle sue giovani amiche (“le comari metropolitane”)
Professioniste, a Roma per far carriera (ma in perenne lotta con la miserevole durata dei contratti a progetto e simili) o in giro per l’Europa – stage o perfezionamento linguistico – le donne di Girati di là e dormi ci ricordano come il mutamento sia divenuto, nei nostri anni, in questi anni, condizione diffusa non solo della storia di vita di ognuno, ma dell’identità stessa. Quelle che, lucidamente, ci propone l’autrice sono vere rappresentanti dell’odierno meticciato culturale. Gli amori scorrono lievi, anche quando lasciano ferite, le amicizie sono limpide, pur connotate da piccanterie, perché la vita descritta è proprio liquida, come attesta nostro padre Bauman. Dunque, ben venga lo sguardo disincantato e distante della scrittrice, che ci fa tornare in mente l’arguzia charmant della Volpini, l’aristocrazia del tratto alla De Cespedes, certe malinconie di Gianna Manzini. Un testo forte, senza vuoti.
Francesco G. Forte
SECONDO PREMIO
Anguilla
di Antonio Ferrara
Dentro: Ciro, che chiede a tutti una cicca e finirà con l’impiccarsi; Carmelo, che corre a perdifiato per tutto il perimetro del cortile e non la smette di tagliuzzare il suo corpo; Rossella, la giovane e bella insegnante, che porta ai giovani carcerati, insieme ai libri, secchielli pieni di sabbia di mare; Silvano, il poeta che scoppia in un pianto irrefrenabile mentre legge i suoi versi; il cappellano, padre Arsenio, organizzatore di spettacoli e tornei di ping pong; Selim il rom, suonatore di violino; e, su tutti, Omar, il narratore, detto ‘Anguilla’ (“perché sono già scappato tre volte, e forse scapperò ancora” ed anche “perché sono molto alto”). Fuori, indelebili, nella memoria di Omar ( e nella nostra): Amira e i suoi baci; nonno Jusif e il suo tè mattutino; il padre che sa tutto, anche se puzza di nafta e grasso di macchina; il fratello Faruk, analfabeta e dongiovanni; Malak, cane nero…L’autore ci offre una visione dell’universo concentrazionario presso che inedita, ora tenera e folle, ora cruda e dolente. Con piglio sempre alto, sentimentale ed ironico. Brevi e conchiusi capitoli per descrivere due anni di carcere italiano di un giovane egiziano, tra rivolte di reparti (“Le fiamme si levano con un crepitare gioioso, si agitano come ballerine nervose, si sporgono fuori dalle sbarre, allegre, arrabbiate, libere”), azioni ottuse (il direttore che ordina di bruciare in cortile il violino di Selim), desideri: tra i primi della lista, “camminare sempre nella stessa direzione”.
Francesco G. Forte
SECONDO PREMIO
Io avrò i tuoi occhi
di Patrizia Rigoni
Piace, appassiona entrare nel mondo di “Io avrà i tuoi occhi” di Patrizia Rigoni. In ventinove capitoli ci sono nove mesi di vita vissuta da una protagonista che lascia il segno. I personaggi che le fanno da contorno non invadono mai la scena, come suo marito Vittorio, Lallala, Hazib. La Tunisia, i suoi profumi, le sue atmosfere sono centrali in questo romanzo ma anche in questo caso mai invadenti. “Io avrò i tuoi occhi” è un continuo viaggio nell’animo dei personaggi che si mettono a nudo intrecciandosi tra loro. Patrizia Rigoni ha saputo in questo lavoro fare una interessante lettura dell’animo umano, andando alla ricerca dei sentimenti che muovono le scelte delle persone. Tutto si sviluppa attraverso i dialoghi. Quando i protagonisti, perché in fondo in questo romanzo tutti i personaggi lo sono in qualche modo, si trovano l’uno a cospetto dell’altro questi poi si lasciano andare. Si fanno scoprire ed il lettore ha così l’opportunità di conoscerli a fondo. Il tutto seguito da una linearità narrativa che fa da opportuno completamento.
Concita De Luca
PREMIATI CON TARGA
Maricla Di Dio, Giovanni Di Nicola, Antonella Levato, Stefania Maione, Antonio Scotto Di Carlo, Pietro Solimeno.
PREMIATI CON MEDAGLIA
Ettore Avellino, Moris Bonacini, Elena Bresciani Baldi, Lauro De Preto, Osvaldo Frasari, Ivano Giacomelli, Daniela Iannone, Giuseppina Lamberti, Vincenzo Leopoldo, Ettore Mariani, Francesco Nobile, Stefano Paolini, Leonardo Pappalardo, Tarcisio Pellegatta, Giovanni Scilio, Giorgio Stanzione.
Poesia in lingua Italiana
PRIMA CLASSIFICATA
Scrivimi che stai bene
Lettera
Già sale al borgo antico un’altra luna,
in questa sera dove più non sei.
E’ tanto che ti cerco e aspetto un segno:
pace e perdono più non mi appartengono,
ed è ferita questa che fa male.
Perciò ti prego, Madre
(tu che di noi già sai),
scrivimi che stai bene,
che il filo d’ombra acceso nei tuoi occhi
non era che il riverbero del vespro,
un guizzo breve e innocuo del tramonto.
Scrivi, scrivimi presto:
di te, di pa’, di voi non so più nulla.
Non so se in quell’altrove,
che invera un altro tempo,
gentile c’è chi forte vi sostiene
e lieve vi dà il braccio ed apre porte
a mitigare i transiti segreti.
Nessuno qui più abita le stanze,
la vecchia casa sanguina di assenze,
arresa e muta grida il suo silenzio.
Eppure aspetto trepido, una sera,
dalla finestra aperta la tua voce
cercare il me bambino perso ai giochi,
superbo re dei vicoli e del vento.
Ma intanto che io scrosto palmo a palmo
rubini e stelle ai cieli dell’infanzia,
dal tempo chiaro e indenne in cui tu vivi
prendi una rosa e scrivi,
scrivimi che stai bene.
Umberto Vicaretti – Luco dei Marsi (AQ)
Il presente del passato e il presente del futuro sono icasticamente convocati, nella lirica di Umberto Vicaretti, per esorcizzare il senso di vuoto, per risarcire la piaga dell’assenza, che fa sanguinare le vecchie stanze. Lo stile, la musica dei suoi versi sono lo strumento sapientemente utilizzato per dire lo strazio dello sguardo materno e per domandare, nella maniera insistita che la composizione ad anello suggerisce, notizie di un altrove immaginato con tremore e dei suoi transiti segreti. (Fabio Dainotti)
SECONDA CLASSIFICATA
C’è sempre un’ora
C’è sempre un’ora, forse la sua ombra
per il tuo cielo che si scioglie in vento
per le mie mani appese alla finestra.
C’è sempre un’ora, forse l’ho sognata,
che si decanta nella mia bottiglia
alla deriva.
E il mare non ha tempo.
E’ un’ora eterna o un attimo dorato
che sparge occhi sulle mie macerie
e insemina di sole la tua forma.
Un’ora fatta di quaranta carte
spiegate a schiera sul mio tavolino
che ha una gamba zoppa e un chiodo in testa.
Un’ora la mia storia un fante ansante
sul tetto una regina con il cono
e un re con il bastone consumato.
C’è sempre un’ora, forse un grumo d’aria,
che si scolora nei tuoi occhi grigi
e poi ritorna col pennello in mano.
E la mia storia passa.
Tra le dune
solo una palma. La mia ora folle
ha silenziose grida.
La sua eco
s’insabbia e muore sopra il tuo orologio.
Domenico Luiso – Bitonto (BA)
La lirica si segnala per la musicalità e la fluida cadenza degli endecasillabi, che scandiscono il tempo reale e interiore dell’esperienza esistenziale, resa intensamente e originalmente attraverso accorgimenti formali, stilistici e retorici estremamente sagaci. Le metafore pregnanti e allusive, gli enjambements avvolgenti e opportuni, l’uso dominante dei possessivi, gli ossimori audaci, la presenza di correlativi oggettivi, le impalpabili e struggenti sensazioni, suggerite dalle sinestesie, significano una tecnica poetica scaltrita ed una notevole capacità di plasmare la parola, per conferirle brividi ed emozioni. (M. Olmina D’Arienzo)
TERZA CLASSIFICATA
Di un pensiero breve
Prima che il ramo ai tuoi passi traduca
l’età e il sogno, un confine di ulivi stringe
a cerchio le foglie dentro i sassi,
nell’ora lenta che nasconde al cuore
i primi voli dei tordi tra le cime del cielo.
Questo ci basta se la parola tace
lungo il muro di cinta, un filo d’olio
sul pane annerito nella fuga quando
i passi e il grido partiranno dalla soglia
per un palpito acceso nella sera.
Orma piegata ai padri e alle semine antiche
è la nostra, la brocca dentro il pozzo, ancora
tante donne che scendono nel fiume.
Tra una pietra e l’altra il cuore pure
si colora di questo infinito silenzio e strappa
pezzi di cielo dalle maree del tempo.
Forse c’è tempo di soffiare un’ultima
scintilla se prendo il pane e lo divido
con mia madre, macerata dalla solitudine
profonda di un pensiero che breve
apre le mani ai colori dell’aia.
Si rubano discorsi attorno al fuoco
quando il vino fa amicizia con la sera
mentre pecore a filare fanno ritorno
ai ciottoli del tufo accoccolati dentro il borgo.
Sotto l’ulivo saraceno torna così il sogno
a farsi vivo all’ombra della luna
che come te muta di nuovo nella notte
spingendo il cuore ai margini del cielo.
Benito Galilea – Roma
Le linee, i colori, le figure di una terra e di una civiltà, che, per “soffiare un’ultima scintilla”, reclamano un tempo diverso da quello cronologico, fa rivivere, in una composizione ampia e modulata, Benito Galilea, affidandosi a un linguaggio attento e partecipato, mirabilmente in bilico tra realtà e metafora. (Fabio Dainotti)
PREMIATI CON TARGA
Mina Antonelli, Eleonora Baldessari, Vita Linda Barbieri, Giovanni Caso, Carla D’Alessandro, Alfredo Di Marco, Enrico Fagnano, Franco Fiorini, Pietro Olivari, Stefania Piazzolla, Paolo Polvani, Enea Roversi, Mario Stanziano.
PREMIATI CON MEDAGLIA
Marilena Abbatepaolo, Luca Amadessi, Giuseppina Amendola, Giulia Anania, Emanuela Antonini, Anna Appolloni, Angela Aprile, Marilia Aricò, Maria Aronica, Giuseppe Attanasio, Giuseppina Attolico, Elisa Bassi, Maria Angela Bedini, Liana Bonuccelli Caputo, Giuseppe Bruno, Raffaele Buompane, Giovanna Businello, Marina Canal, Maria Luisa Caputo, Maria Caravaggio, Luis Cardoso Barreto, Pina Michela Caria, Giovanni Carioti, Rosario Castronuovo, Chiara Celi, Grazia Cerino, Stefano Cervini, Riccardo Cesaroni, Pierrette Cherbonnier, Lucrezia Colacicco, Diego Commendatore, Adriana Comollo, Carmelo Consoli, Cinzia Corneli, Italo Corti, Germano Costa, Mario D’Alise, Maurizio D’Armi, Vincenzo De Crecchio, Daniele De Luca, Mario De Rosa, Silvio Di Fabio, Lucia Di Monaco, Colomba Di Pasquale, Umberto Druschovic, Ivan Fedeli, Annarita Fossa, Emilia Fragomeni, Ela Gentile, Pasquale Giannatempo, Anna Giannattasio, Paolo Giardi, Ostilio Giglio, Marco Gioiella, Armando Giorgi, Emiliano Giubbilini, Umberto Grieco, Antonello Guerrera, Emilia Iannone, Massimo Iride, Riccardo Landozzi, Andrea Lazzara, Costantino Loprete, Jessica Malfatto, Ivana Mantero, Moreno Marani, Nicola Marasciulo, Fulvia Marconi, Margarita, Martina Marotta, Maria e Patrizia Massara, Ermelinda Maturanzio, Emma Mazzuca, Maurizio Meggiorini, Maria Teresa Merenda, Annalisa Michelangeli, Milva Migo, Assunta Mingione, Vincenzo Monopoli, Salvatore Monaco, Carlo Monteleone, Enrica Paola Musio, Alfonso Notte, Carlo Olivari, Maria Rosa Oneto, Angelo Orlando, Maurizio Orsi, Gilberto Palmacci, Salvatore Palmiero, Giovanni Panarese, Gabriele Panfili, Angelo Passarelli, Luca Pellegrino, Stefania Perelli, Giovanni Pisapia, Pinella Pistis, Tanino Platania, Daniela Raimondi, Giancarlo Remorini, Stefania Sabrina Rifici, Marco Righetti, Nicola Rizzi, Luca Romano, Maria Russo Rossi, Antonio Saladino, Antonio Sangervasio, Paolo Sangiovanni, Maria Luigia Scialpi, Teresa Scialpi, Santina Senatore, Graziano Sia, Gennaro Sica, Piera Spiller, Maria Stimpfl, Anna Tafone, Antonietta Tafuri, Paola Tomasiello, Alfredo Torreggiani, Davide Vaccino, Pietro Valle, Gerardo Valvano, Maria Luisa Vanacore, Pasquale Vinciguerra.
Poesia in vernacolo
PRIMA CLASSIFICATA
Turno de nòcc ai Uficìne Schwartz de Bérghem
Dialetto bergamasco. Valle Seriana
Sènte i us de la nòcc,
us de la sità
che la se sfant in del fósch;
s-ciopetàde sèche
di ólte,
ö saùr todèsch mecànech
a l’ crida
come l’födèss ö mài che pèsta e che frantòia,
come l’födèss ö mài che töt a l’trida !
Gh’è di nòcc che la bór ólta e lónga,
di nòcc che la sapùna surda, la sità,
di nòcc che la martèla
fónda.
Só dét e fò del ciarùr di fùregn,
operare de póca ómbra, visì,
ol nigher dóls di öcc,
ol róss del cör che brüsa,
ol zald saùr metàl
chè cùla
e ‘ngrìsa.
Töt ol rèst
l’è fonderéa e fortüna.
Töt ol rèst
l’è ö blö
piö fórt
che l’sùna.
Maurizio Noris – Albino (BG)
Turno di notte alle Officine Schwartz di Bergamo
Sento le voci della notte / voci della città / che si disperde nel buio; schioppettate secche / a volte, un sapore tedesco meccanico / grida, come fosse un maglio che pesta e che frantuma, come fosse un maglio che tutto trita. Ci sono notti che abbaia alta e lunga, notti che piccona sorda, la città, notti che martella / fonda. Sono dentro e fuori del chiarore dei forni, operaio di poca ombra, vicino, il nero dolce degli occhi, il rosso del cuore che brucia, e il giallo sapore metallo/ che cola e ingrigisce.Tutto il resto è fonderia e fortuna. Tutto il resto è un blu / più forte / che suona.
Risolve il dato di partenza ( la vita dell’operaio del turno di notte, tra il chiarore degli altiforni e i rumori della città fasciati di buio) in un intenso contrasto cromatico Maurizio Noris, che s’inserisce in maniera innovativa nel filone del rapporto tra letteratura e industria, raggiungendo altissimi esiti espressivi.(Fabio Dainotti)
SECONDA CLASSIFICATA
’A case ’i tataranne
(a Nicola Oronzo Accattato, che pure ce li ha avuti i tataranni)
’U suttàne,
pe’ llu’ ciucce e la crape,
cke stavìne sciurtàte du’ furne, da’ cataste di’ uinne
e da’ vuttecèlle du’ vine.
’A scàue da fore
– p’acchianà ‘ntu suprane –
cu’ lla rulle du purcke e di’ galline
‘ntu vacante.
’U supràne,
granne quant’u’ suttàne:
’na buffette, ’na credenze,
’u vaci’ue e llu pede,
trije o quatte uitte e llu’ fucuàre,
n’ùmmene stancke,
’na fimmene ck’all’u putì ghiesse,
e ’na juccàte ’i figlie.
’Ntu vacante ce stavìne ’a prijezze
e llu bbène cke se vu’uìne,
’a miseria nòbbue, arriccùte du’ timore ’i Dio,
’a cuppue sudate appese ’nu chiuve,
’a uangelle cke pennìde du’ frufuate,
’u sunne,
cke pegliàvede parlanne parlanne.
’Nu suttàne, ’nu supràne e la scaue da fore:
accussì jèrede ’a case ’i tatarànne mije,
e quanne ’u purtille rumanìde apirte
alla mute alla mute
se ce ‘nzaccàvede pure ’a u’une,
e ce capìde.
Da fore, ’ntu uàreghe du’ strittue,
cane e gatte vurde
s’arragàvene pe’ ’nu stuzze
’i pane tuste!
Giuseppe Muscetta – Oriolo (CS)
La casa di mio nonno
Il piano di sotto,/ per l’asino e la capra,/ che stavano separati dal forno, dalla catasta della legna/ e dalla botte del vino./ La scala esterna/- per salire al piano di sopra -/ col ricovero del maiale e delle galline/ nel vuoto (della scala)./ Un piano di sopra,/ grande quanto quello di sotto:/ un tavolo piccolo, una credenza,/ la bacinella ed il piede,/ tre o quattro letti ed il caminetto,/ un uomo stanco,/ una donna che non lo poteva essere,/ e una nidiata di figli./ Nei ristretti spazi liberi ci stavano l’allegria/ ed il bene che si volevano,/ la miseria fiera, arricchita dal timore di Dio,/ la coppola sudata appesa al chiodo,/ una brocca che pendeva dal ferro filato,/ il sonno,/ che pigliava parlando parlando./ Un piano di sotto, un piano di sopra e la scala esterna:/ così era la casa di tataranne mije,/ e quando il portello rimaneva aperto/ in silenzio, senza far rumore,/ ci si infilava pure la luna,/ e ci stava pure lei./ Fuori, nello slargo del vicolo,/ cani e gatti sazi/ si scannavano per un pezzo/ di pane duro!
Vive in questa poesia un respiro lieve ma denso e tutto si palpa: la semplicità, gli affetti, il senso d’appartenenza, il tepore di quella coppola sudata di fatica appesa al chiodo, il riflesso della luna che pure s’intrufola attraverso il portello. Ogni cosa trova il suo posto nella casa di tataranne, che non può nemmeno essere disordinata, tanto è piccola e povera. Ma soprattutto, in un gioco di equilibrio tra metrica e concetti, trovano posto in questo luogo il cuore e la dignità. E’, la casa stessa, un cuore. ‘A case ‘i tataranne’ . Il dono di un affresco essenziale, efficace, generoso.(Norma D’Alessio)
TERZA CLASSIFICATA
Sdilliriannu
Dialetto della Sicilia Nord-Orientale (area etnea)
Lassàtimi ‘intra lu me’ palluni
ùnchiu di strammarìi
ca sbanìanu
fàvuli strippi senza sintimentu.
Non gnittàtimi fora
picchì lu munnu
ièvi ‘na rosa bedda ‘mmilinata
ca’’ntrubbulia la vista ppi mucciari
gnaccoli d’azzaru
parati pari-pari
ppi li babbasunazzi commu a mia.
Lassàtimi dintra ‘sta buscica
ghina di sulità,
mentri mi cardaciu e cercu
ddu ‘ranni Diu
ca dìciunu
‘pparau l’omu c’un pugnu di crita.
E vàiu sdillìriannu
‘ntra li santi mistèrii
cummigghiatu
d’un fittu macchiarizzu
ca non parra e non brùcia.
Lassàtimi sbulari
‘ntra li vacanti di lu frimmamentu
ccu tutta para la me’ pisantizza
‘nnacatu di li lustri di li stiddi
senza sapiri
picchì tuttu furria e non si ‘nfrunta
e ppi quali raggiuni un lammicheddu
sbrizza a sbrizza
cunta li iorna
e a la ‘ntrasarta stàgghia.
Lassàtimi ‘lludutu
Intra ‘sta mpudda d’aria
c’amurusa m’allìscia e mi strania.
Chi vuliti di mia?
‘Rrancu ‘ppressu a la vita
ccu la gnuranza ca mi cuttunia
e ammàgghia li pinseri…
Ma menu mali ca la fantasia
mi nutrica di sònnira
e ccu ciatu di matri mi riùnca.
Senzio Mazza – Scandicci (FI)
DELIRANDO
Lasciatemi dentro il mio pallone gonfio di stranezze che agitano favole sterili senza sentimento. Non buttatemi fuori perché il mondo è una bella rosa avvelenata che intorbida la vista per nascondere tagliole d’acciaio disposte a tappeto per i babbei come me. Lasciatemi dentro questa vescica piena di solitudine, mentre mi assillo e cerco quel Dio grande che dicono plasmò l’uomo con un pugno di creta. E vado delirando tra i santi misteri ricoperto da un fitto roveto che non parla e non arde. Lasciatemi volare nei vuoti del firmamento con tutta quanta la mia pesantezza cullato dalle luci delle stelle senza sapere perchè tutto ruota e non si scontra e per quale motivo un alambicco goccia a goccia conta i giorni e all’improvviso staglia. Lasciatemi illuso in questa bolla d’aria che amorosa mi lusinga e mi distrae. Che volete da me?Arranco dietro la vita con l’ignoranza che mi tormenta e appassisce i pensieri….Ma meno male che la fantasia mi nutre di sogni e con fiato materno mi rigenera.
Il difficile rapporto del poeta col mondo, la ricerca drammatica di Dio, il desiderio spasmodico di conoscere il perché delle cose e dell’universo, l’arrancare dietro la vita con tormento e passione sono i temi di questa splendida lirica in dialetto della Sicilia nord- orientale. La richiesta martellante, sottolineata dall’anafora all’inizio di ciascuna strofa, di essere lasciato libero di vivere dentro un mondo assimilato ad un pallone gonfio di stranezze o ad una vescica di solitudine o ad una bolla d’aria, in un rapporto di amore- odio quanto mai incisivo e penetrante, si stempera e risolve nella dimensione poetica e fantastica, che si nutre di sogni e con fiato materno rigenera. (M. Olmina D’Arienzo)
PREMIATI CON TARGA
Antonio Covino, Gabriella Maddalena Macidi, Marco Managò, Daniela Megna, Carmela Orefice, Francesco Palermo, Giuseppe Romano, Marisa Santoro, Vinia Tanchis.
PREMIATI CON MEDAGLIA
Armando Annunziata, Giuseppe Bellanca, Vincenzo Cerasuolo, Mariangela Chiesa Cantarelli, Ettore Cicoira, Rita Coppola Alfano, Massimo De Mellis, Giuseppe Descloux, Luigi di Prisco, Antonio Giordano, Vincenzo Montagna, Antonio Scarpone, Giuseppe Schepis, Maria Schiavone, Stefano Stifani.